Pubblicato l’aggiornamento 2021 del sistema di indicatori del Benessere equo e sostenibile dei territori redatto dall’Istat, riferiti alle province e alle città metropolitane italiane. Alla voce Ambiente, prima di elencare dati e numeri, il rapporto ribadisce: “Produrre meno rifiuti e aumentare la raccolta differenziata genera effetti positivi sull’ambiente e di conseguenza sulla salute e il benessere delle persone”
E’ uscito l’aggiornamento annuale del sistema di indicatori del Benessere equo e sostenibile dei territori realizzato dall’Istat, riferito alle province e alle città metropolitane italiane, coerenti e integrati con il framework Bes adottato a livello nazionale. Nell’edizione 2021 il quadro informativo si arricchisce di 12 nuovi indicatori, che fanno salire il numero a 63 indicatori in totale distribuiti in 11 domini: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Innovazione ricerca creatività, Qualità dei servizi
I principali risultati
Il consueto gradiente nord-sud rimane una chiave di lettura adeguata per molte e importanti componenti del Bes, ma non tutte le differenze osservate tracciano confini netti tra le aree del Paese. Gli indicatori di Salute, Istruzione, Lavoro e Benessere economico illustrati di seguito delineano divisioni nette e strutturali tra Centro-nord e Mezzogiorno. Le distanze si sono tuttavia attenuate nell’ultimo anno per il peggioramento più marcato del Centro-nord dovuto alle più forti ripercussioni della crisi sanitaria in questi territori.
Il risultato che si osserva, pur con eccezioni positive e negative, è di una tendenziale convergenza dell’insieme delle province italiane verso livelli più bassi nella speranza di vita alla nascita, dei tassi di occupazione e dei livelli di partecipazione alla formazione continua, e verso una maggiore incidenza di persone di 15-29 anni che non sono occupate né inserite in un percorso di istruzione (Neet). Il miglioramento registrato nel 2020 dalle nuove sofferenze bancarie delle famiglie, che ha interessato diffusamente sia le province meridionali che quelle del Centro-nord, mitiga le forti differenze territoriali che caratterizzano il dominio del Benessere economico, delineando, per questa misura, una convergenza dei territori verso livelli meno critici che in passato.
Distanze ampie tra il Centro-nord e il Mezzogiorno si osservano anche per gli indicatori relativi alla Qualità dei servizi e all’Innovazione, ricerca e creatività, ma le divisioni non sono nette: il dettaglio provinciale evidenzia infatti per il Mezzogiorno un quadro eterogeneo e una certa concentrazione territoriale, con un ristretto numero di province su posizioni migliori.
Le differenze che si osservano in altri domini, invece, vanno lette considerando anche la caratterizzazione dei territori, oltre alla loro collocazione geografica. È il caso degli indicatori di Sicurezza, che concordano nel segnalare la maggiore penalizzazione delle città metropolitane del Centro-nord, degli indicatori del Paesaggio e dell’Ambiente fortemente legati alla vocazione dei territori (i primi) o alla loro posizione nello spazio geografico.
Di seguito una breve analisi sulla misura del benessere relativa al dominio Ambiente:
Produrre meno rifiuti e aumentare la raccolta differenziata genera effetti positivi sull’ambiente e di conseguenza sulla salute e il benessere delle persone. Nel 2019, la produzione di rifiuti urbani in Italia si attesta a 30,1 milioni di tonnellate, pari a 503,6 chilogrammi per abitante; il 61,3% di tali rifiuti è stato soggetto a raccolta differenziata, il resto è stato depositato nelle discariche o smaltito negli inceneritori/termovalorizzatori, una quota ancora lontana (circa 4 punti percentuali) dall’obiettivo del 65% che il nostro Paese avrebbe dovuto raggiungere entro il 31 dicembre 2012.
Nel 2019 circa la metà delle province italiane (54 su 107) non raggiunge il target del 65% (Figura 17). Le percentuali maggiori di raccolta differenziata si osservano nelle province del Nord-est e della Lombardia, quelle più basse nel Mezzogiorno. A Treviso, Mantova, Belluno, Pordenone e Reggio nell’Emilia si raggiungono valori superiori all’80% mentre a Palermo si registra la quota più bassa (29%). Tra le eccezioni positive, nel contesto di un Mezzogiorno in ritardo, spiccano le province della Sardegna, tutte con più del 69% di raccolta differenziata (Oristano 78,1%) e alcune province del Sud, come Chieti (72,5%) e Benevento (71,9%).
Significativi anche i risultati di alcuni territori del Centro, in particolare in tutte le province delle Marche i valori superano il 66%. All’opposto, nel Nord sono diverse le province piemontesi e liguri a registrare quote inferiori al 65%, insieme alle lombarde Pavia (54,8%) e Sondrio (56,2%).
In generale negli ultimi dieci anni in tutte le province si registra un incremento delle quote di raccolta differenziata, inoltre si riduce di circa 10 punti percentuali il divario tra il Nord e il Mezzogiorno. La concentrazione di PM2,5 misurata dalle stazioni presenti nei comuni capoluogo di provincia monitora l’inquinante atmosferico più nocivo per la salute umana secondo l’Oms, che fissa a 10
microgrammi per metro cubo (µg/m³) il limite massimo di concentrazione.
Nel 2019 le maggiori concentrazioni medie annuali di PM2,5 si registrano al Nord, nei capoluoghi delle province presenti nel bacino Padano, in particolare Cremona, Vicenza e Padova (26 µg/m³), Brescia e Venezia (25 µg/m³) (Figura 18). Tra i capoluoghi del Mezzogiorno il valore più alto è ad Andria (24 µg/m³), al Centro il massimo è a Rieti, con 20 µg/m³. Le concentrazioni medie annuali più basse in assoluto si registrano a Salerno e Sassari (6 µg/m³).
Tra il 2013 e il 2019 si rileva comunque una leggera riduzione delle concentrazioni medie annuali in diversi capoluoghi di provincia, anche se molti risultano ancora su valori elevati. In particolare, dal 2015 in poi il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della pianura Padana. Al riguardo nel 2020 la Commissione europea ha dato avvio alla procedura di infrazione (2020/2299) nei confronti dell’Italia relativamente al PM2,5.