L’industria della green economy è cresciuta negli ultimi 5 anni: sono aumentati il numero di addetti (+13%) e di aziende (+10%) impegnati nel settore della gestione rifiuti, il 94% delle quali svolge attività di recupero. Il volume d’affari del settore sfiora i 34 miliardi di euro. Resta preponderante il numero delle piccole imprese, aumentano le società di capitali e cala il peso delle ditte individuali.
Il fatturato delle imprese che svolgono attività di recupero rifiuti ha raggiunto i 34 miliardi di euro. Il valore aggiunto generato in totale ammonta a circa 8 miliardi di euro, oltre mezzo punto percentuale di Pil.
Nonostante l’impatto della crisi dei mercati internazionali e dei consumi, l’incertezza del quadro normativo e l’inadeguatezza dei mercati di sbocco delle materie riciclate, continua a crescere il riciclo degli imballaggi (nel 2013 +1%) che sostiene settori industriali (siderurgia, mobili, carta, vetro) strategici per il nostro Paese.
E’ questa la fotografia scattata da “L’Italia del Riciclo”, rapporto annuale promosso e realizzato da Fise Unire (l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in collaborazione con i Consorzi Nazionali per il Recupero e il Riciclo degli Imballaggi, e presentato ieri 4 dicembre a Roma.
Lo studio, oltre ad approfondire le dinamiche delle diverse filiere del recupero, fornisce uno spaccato sulle dimensioni economico-finanziarie del settore negli ultimi anni (2008-2012). Il fatturato delle imprese che svolgono attività di recupero dei rifiuti oggi ha raggiunto i 34 miliardi di euro. Il valore aggiunto generato in totale ammonta a circa 8 miliardi di euro e vale oltre mezzo punto percentuale del Pil nel suo complesso. Le imprese che in Italia svolgono un’attività di recupero dei rifiuti sono in totale oltre 9.000, principalmente micro-imprese con meno di 10 addetti. Il loro numero è aumentato di oltre il 10% in 5 anni.
Gli addetti occupati nelle imprese che effettuano recupero come attività principale dal 2008 al 2012 sono aumentati del 13%. Crescita in controtendenza rispetto all’andamento generale del manifatturiero che registra un tasso netto di natalità di aziende negativo (-11%). Nel 2013 il riciclo degli imballaggi ha registrato una crescita complessiva (+1% in termini assoluti) che attesta la capacità di tenuta del settore: 7,633 milioni di tonnellate contro le 7,562 del 2012 e le 7,511 del 2011.
L’incremento è evidente in tutte le filiere con punte d’eccellenza nel tasso di riciclo di carta (86%), acciaio (74%) e vetro (65%). Sono invece in calo i quantitativi di materiali ottenuti dalla bonifica e dalla demolizione di veicoli fuori uso avviati a reimpiego, riciclo e recupero di energia e la raccolta pro-capite media nazionale di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche: per questi ultimi il dato (3,8 kg/ab), sebbene solo leggermente inferiore all’obiettivo attuale di 4 kg/ab, è ancora lontano dai target ben più ambiziosi fissati dalla nuova direttiva appena recepita in Italia.
Per il recupero dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione (39,8 milioni di tonnellate, pari a un tasso di recupero del 69%), l’incompletezza dei dati disponibili sulla produzione reale degli stessi non consente di valutare il concreto raggiungimento dell’obiettivo (70%), mentre per la raccolta dei tessili (nel 2013 110.900 tonnellate, pari a una media nazionale di 1,8 kg/ab) c’è ancora molto spazio per ulteriori incrementi.
Buone poi le prospettive di crescita del settore del riciclaggio, nazionale ed europeo. Si stima infatti che la prevenzione dei rifiuti, l’ecodesign, il riuso e misure simili possano generare un ulteriore risparmio pari a 600 miliardi di euro e ridurre le emissioni di gas serra dal 2 al 4%. Il conseguimento dei nuovi obiettivi in materia di rifiuti creerebbe circa 600.000 nuovi posti di lavoro. Le misure proposte prevedono il riciclaggio del 70% dei rifiuti urbani e dell’80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030 e, a partire dal 2025, il divieto di collocare in discarica i rifiuti riciclabili.
Rimane ancora molta strada da percorrere per eliminare gli ostacoli alle attività di riciclo. Troppi, secondo il presidente di Unire Anselmo Calò, i decreti e i regolamenti attesi da tempo: tra questi il decreto sui criteri di assimilazione, i criteri End of Waste, le linee guida per il rilascio delle autorizzazioni, gli standard per il trattamento di alcune tipologie di rifiuti, la disciplina della preparazione per il riutilizzo.
Il riciclo dei rifiuti in Italia potrebbe crescere, generando nuovi investimenti e nuova occupazione, ma servono norme chiare che indichino a quali condizioni un rifiuto sottoposto a trattamento di recupero cessa di essere un rifiuto e diventa un prodotto.
“In attesa dei regolamenti europei – commenta Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile – si dovrebbe procedere con un Decreto del Ministro dell’Ambiente che stabilisca caratteristiche e condizioni almeno per tutte le tipologie di rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti a un recupero completo, che consentano di arrivare alla cessazione della qualifica di rifiuto (End of waste) applicando i criteri comunitari”. Decreto ministeriale che, secondo Ronchi, può essere preparato in tre mesi da una commissione tecnica ad hoc.
Per rafforzare il riciclo e recuperare i ritardi in alcune zone, specie al Sud, ancora con livelli inadeguati di raccolte differenziate, affermano le Associazioni promotrici del Rapporto, è indispensabile scoraggiare il ricorso allo smaltimento in discarica, passare da un metodo di tariffazione presuntiva ad un calcolo della tariffa sulla base dei rifiuti effettivamente conferiti, distinguendo e incentivando quelli differenziati rispetto al tal quale e promuovendo al contempo la diffusione dei prodotti ottenuti con materiali riciclati.
Di seguito le presentazioni di Edo Ronchi – Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e di Marco Botteri di Ecocerved.